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Intervista a...

Ciao e ben tornati! Mi sto preparando per raggiungere il nostro Artista.

Di solito annoto le domande che mi vengono in mente quando “studio” l’artista e, qualche giorno prima dell’intervista, rivaluto tutto il materiale che affronteremo durante la nostra chiacchierata ma oggi ho deciso di non aprire l’agenda e lasciare che sia tutto spontaneo ed immediato. Penso che si tratti di uno degli effetti della musica di... Massimo Discepoli!

Batterista, poli-strumentista, pianista, bassista,chitarrista, compositore, produttore e insegnante, Massimo Discepoli opera da molti anni nei più differenti ambiti musicali. Si forma seguendo seminari del calibro della Berklee School e Umbria Jazz per citarne alcuni.

Lavora attivamente come turnista e solista,vi cito solo alcuni progetti: trio Vibrham, attivo fra il 2004 e il 2006, che gli permette di realizzare un’originale fusione di jazz, funk e drum ‘n’ bass.

Il progetto Nheap, con cui ha realizzato ad oggi cinque album.
Nel 2009 fonda l’etichetta di musica creativa Acustronica, tramite la quale distribuisce e promuove, oltre ai propri lavori, quelli di altri artisti da tutte le parti del mondo.
Fra gli altri progetti a cui prende parte, si segnalano il duo sperimentale Nunun, il trio L.E.D. (che realizza colonne sonore improvvisate per classici del cinema muto), Nheap XP (più rivolto alla musica elettronica da club), oltre a molte altre formazioni in ambiti che vanno dal jazz al rock.
Collabora inoltre a lavori usciti per altre etichette discografiche, fra cui Setola di Maiale e Floating Forest, e vede la propria musica inclusa in molteplici compilations, fra cui "Unexplained Sounds Group - the first annual report.
Nel 2014 fonda una nuova etichetta, DOF, specializzata in musica elettro-acustica e sperimentale, e per la quale, nello stesso anno, fa uscire il primo disco sotto il suo vero nome, intitolato “Parallax”. L'album ottiene subito un positivo riscontro di critica, con recensioni, interviste e passaggi radiofonici su importanti riviste e trasmissioni radiofoniche, fra cui Drum Club, Battiti, Blow Up, The Sound Projector e molte altre.
Nel 2016 realizza l'album, uscito per Acustronica, "An Eclipse Of Images", con il contrabbassista statunitense Daniel Barbiero (Gino Robair, Andrea Centazzo, Greg Osby). L'album ottiene ottimi riconoscimenti dalla critica, ed è selezionato come uno dei migliori album del 2016 dal sito Avant Music News.
Oltre all’attività propriamente musicale, dal 2003 insegna regolarmente batteria in diverse strutture sia pubbliche che private, oltre che nel suo studio personale. 
Importanti riviste del settore come Drum Club e DrumSet Mag hanno dedicato a Discepoli e alla sua musica interviste e recensioni.

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Luca: ciao Massimo! Come stai? Ho ascoltato i tuoi lavori e devo dire che ci sarebbe da parlarne per giorni.... Inizierei da questo: Come ti poni nei confronti della musica aleatoria?

 

Massimo: ciao Luca, grazie per l’intervista e per la possibilità di parlare della mia musica! La musica aleatoria è uno dei metodi che mi permette di ricavare nuove idee, da utilizzare soprattutto in fase di composizione: mi piace avvalermi di diversi tipi di generatori di suono e registrare il loro output per ottenere idee originali, sia per le melodie e le armonie che per i ritmi, dato che mi permettono di andare oltre le solite abitudini e ricavare materiali a cui difficilmente sarei potuto arrivare autonomamente. Se sto lavorando a un disco, queste idee vengono limate e rielaborate, per cui alla fine rimarrà poco di “aleatorio”...viceversa, quando mi capita di proporre la mia musica dal vivo talvolta utilizzo i generatori di suono in tempo reale, soprattutto per creare melodie sulle quali posso poi improvvisare con la batteria: in questo caso l’aspetto aleatorio è fortemente presente e determina lo svolgimento e lo sviluppo del brano.

 

Luca: ascoltando “Flying and the silence” si scorgono orizzonti musicali veramente ampi, si coglie il ritmo chiaro che si espande e si ferma un momento prima di rompere gli argini. Parlaci un po’ di questo lavoro.

 

Massimo: “Flying and the silence” è il più recente lavoro che ho fatto uscire con il mio pseudonimo Nheap, anche se in realtà sto ultimando un nuovo disco con questo progetto, che uscirà nei prossimi mesi. Come tutti gli altri lavori realizzati con questo pseudonimo, “Flying and the silence” contiene quasi tutte le mie influenze musicali, in particolar modo jazz, elettronica, post-rock e ambient, filtrate attraverso la sperimentazione ma bilanciate con una forte componente melodica e una struttura dei brani che spesso può ricordare forme tipiche del rock e del pop. In questo disco ho suonato tutti gli strumenti, soprattutto basso, chitarra, tastiere e ovviamente la batteria: il ruolo di quest’ultima nel complesso lo potremmo definire abbastanza “tradizionale”, dato che in questo lavoro il suo compito principale è quello di mantenere un groove, anche se poi ci sono momenti in cui è molto più attiva e persino veri e propri soli.

 

Luca: “Parallax”... Qui il viaggio è iniziato, gli argini sono lontani e si vive semplicemente l’esperienza musicale con tutte le sue evocazioni. Come definisci questo lavoro? Vorrei inoltre sapere se hai canonizzato il tuo linguaggio batteristico per affrontare lavori come questo.

 

Massimo: “Parallax” è il primo disco che ho realizzato con il mio vero nome (anche in questo caso vi è un nuovo lavoro di prossima uscita), e si può collocare in una posizione abbastanza differente rispetto ai lavori di Nheap. Qui i punti di riferimento sono l’elettronica, l’ambient e soprattutto la sperimentazione, i brani sono molto lunghi e dilatati, le strutture non sono chiaramente definite, anzi, spesso sono assenti e i brani si sviluppano gradualmente. Di conseguenza anche la batteria è differente dal solito: i ritmi non sono ripetitivi, vi è molta improvvisazione, sovente non vi sono nemmeno grooves ma parti coloristiche. Non so se posso dire di aver “canonizzato” il mio linguaggio batteristico, però in questo lavoro ho scelto di suonare in un certo modo per rispondere a due esigenze: la prima viene dal fatto che, come detto prima, i brani di “Parallax” hanno uno sviluppo piuttosto lento, per cui ho scelto di dare alla batteria un ruolo da protagonista, rendendola attiva e facendole narrare “una storia”, mentre tutti gli altri suoni e strumenti si muovono molto più lentamente e danno un’impressione di (apparente) staticità; la seconda esigenza deriva da un altro concetto che sta alla base di “Parallax”: mi interessava comporre musica basandomi sulla sovrapposizione di loops e frasi di lunghezze differenti, creando quindi come tanti “piani sonori” che scorrono a diverse velocità (proprio come l’effetto parallasse); come batteristi in genere siamo abituati a pensare a questo concetto in termini di poliritmie e polimetrie, sovrapponendo numeri ben definiti come ad esempio il 3 sul 2 o il 5 sul 4, mentre la mia intenzione era di creare qualcosa di più organico, e quindi non ho scelto frasi di lunghezze “precise” (es. 3 ,4, 5 o 7) ma mi sono basato (ad esempio) sulla loro lunghezza in secondi. In questo modo le frasi incrociandosi creano automaticamente moltissime variazioni, e non importa se si riallineano sull’1 dopo molto tempo o (più probabile) se non lo fanno mai per tutto il brano. Quando si è trattato di suonare la batteria sopra a tutto questo, ho capito subito che non avrebbe avuto senso pensare al ritmo in base ai soliti 4/4, 5/4 etc…, ma che avrei dovuto invece mantenere una pulsazione e accentuare di volta in volta punti differenti della musica, spesso neppure sapendo quando sarebbero arrivati, a causa della complessità degli incroci dei loops e delle frasi. Se qualcuno si mettesse a trascrivere le parti di batteria del disco, basandosi sugli accenti potrebbe trovare sequenze tipo 6/4-4/4-5/4, ma se trascrivesse un’ipotetica seconda versione della batteria potrebbe trovare sequenze totalmente differenti, perché magari avrei scelto di accentuare punti diversi della musica.

 

Luca: nella tua esperienza di musicista e compositore mi pare di scorgere un filo conduttore (ma magari è solo la mia impressione): parlare con la batteria. Tutti i musicisti si esprimono col proprio strumento ma, nel tuo caso, mi pare proprio di individuare la ricerca di una comunicazione quasi verbale attraverso lo strumento. Nella tua ricerca costante sei riuscito a tracciare un sentiero percorribile anche da altri batteristi?

Massimo: effettivamente negli ultimi anni mi interessa molto il cercare di esprimermi con la batteria nel modo più musicale possibile, provando a superare quegli automatismi che il nostro strumento, per sua natura, spesso cerca di imporci, risultando talvolta poco comunicativo e meccanico. Personalmente ho iniziato a suonare in maniera più musicale quando mi sono avvicinato ad altri strumenti, in particolar modo il pianoforte e il basso, che mi hanno costretto a prestare molta più attenzione all’aspetto melodico e armonico della musica e allo stesso tempo a comprendere meglio il ruolo che la batteria dovrebbe avere. Ciò mi ha portato a prediligere suoni più aperti, di tipo jazzistico, con tom, timpano e cassa liberi di suonare a lungo, in modo da riempire gli spazi con una sola nota invece di una rullata. Ho anche modificato il mio metodo di studio, cercando di sviluppare poche frasi alla volta, anche una sola, in tutti i modi possibili, in modo da mantenere una coerenza ritmica e “melodica” in tutte le idee derivanti dalla frase originale. Si tratta di un percorso in continuo divenire, molto personale, quindi è difficile dare delle indicazioni

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precise, però vorrei aggiungere l’importanza di ascoltare tanta musica di ogni genere, non perché ci debba piacere tutta per forza, ma per avere una visione il più ampia possibile, e anche perché le idee possono venire da qualsiasi direzione; inoltre ribadirei l’importanza di avvicinarsi almeno ad un altro strumento (ad esempio pianoforte o chitarra), senza pretendere di diventarne dei virtuosi, ma di conoscerne almeno le basi, perché già questo può portarci a vedere come è il mondo “fuori dalla batteria”!

Luca: ricordo a chi ci legge che stiamo parlando di un polistrumentista polivalente, un musicistà di quelli che chiami per una serata lounge all’ultimo momento, o per un combo jazz intenso, o per un progetto rock che faccia saltare le borchie a qualche motociclista... Tante identità o una sola ma mooolto versatile?

 

Massimo: ho sempre ascoltato moltissimi tipi di musica e per un periodo ho pensato che avrei dovuto essere in grado di suonarli tutti; poi con il tempo mi sono concentrato su alcuni di essi, avendo capito che cercando di suonare tutti gli stili li avrei suonati in maniera generica. Penso che un batterista possa (e probabilmente sarebbe auspicabile) imparare le fondamenta di tanti diversi generi musicali, ma che poi dovrebbe focalizzare gli sforzi maggiori sugli stili che sente più affini e che si trova a suonare più spesso. Ormai c’è un livello di specializzazione altissimo in ogni genere musicale, e ritengo che sia quasi impossibile per un batterista (o musicista in genere) arrivare ad un certo livello in ognuno di essi contemporaneamente. Ci sono alcuni batteristi molto famosi che vengono chiamati a suonare in contesti di ogni tipo, però quando li senti suonare (per esempio) “latin” o del jazz un po' più tradizionale sembrano mancare di “autenticità”, alla quale suppliscono con la loro personalità, la quale è probabilmente il motivo principale per cui vengono chiamati. Ma si tratta chiaramente di casi eccezionali, musicisti il cui solo nome è diventato quasi un “marchio”.
Personalmente cerco di avere una sola identità, in modo da inserire qualcosa di personale indipendentemente dal genere che sto suonando (a meno che non mi si chieda esplicitamente di suonare in una certa maniera); questo qualcosa di personale potrebbe essere sia il suono, sia dei fraseggi adattati in modo da essere utilizzati in stili differenti, cercando ovviamente di mantenere l’autenticità del genere che sto suonando (per quanto l’autenticità sia un concetto sempre più vago, considerata la crescente contaminazione tra generi)

 

Luca: sarei curioso di chiederti come imposti il tuo programma didattico.

 

Massimo: in genere se l’allievo parte da zero cerco il prima possibile di metterlo in grado di suonare un semplice ritmo con il quale possa accompagnare i suoi brani preferiti, penso che ciò sia molto importante dal punto di vista della motivazione; poi si aggiungono anche gli esercizi di tecnica, coordinazione, etc…ma la cosa più importante per me è metterlo fin da subito in grado di suonare qualcosa di “reale”. Per quelli che già suonano invece imposto un programma basato sui loro interessi musicali, necessità e punti deboli; pure in questo caso è molto importante l’aspetto pratico, però cerco anche di metterli a contatto con stili che non conoscono o che magari non apprezzano, in modo da ampliare il loro orizzonte musicale, poi sarà l’allievo a decidere se voler approfondire un genere in particolare.

 

Luca: gran parte dei tuoi lavori sono stati accolti con favore dalla critica e dal pubblico, da radio3 all’impegno nella composizione di cortometraggi e spot. Come lavori quando vieni ingaggiato per la realizzazione di una parte di batteria?

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Massimo: molti dei miei lavori utilizzati per spot o lungometraggi sono usciti prima su disco, e solo in seguito mi è stato chiesto di poterli utilizzare in altro modo, per cui vi ho potuto lavorare in massima libertà, dato che non erano commissioni, ma semplicemente la mia musica. In genere quando mi chiedono di collaborare a qualche progetto si tratta comunque spesso di qualcosa di tipo creativo, quindi pure in quel caso ho parecchia libertà; altre volte invece mi chiedono di partecipare a progetti più tradizionali o “commerciali, ma indipendentemente da questo, cerco sempre di realizzare una parte di batteria che sia funzionale, utilizzando i suoni giusti per il contesto, e che non attiri eccessivamente l’attenzione su di sé (sempre che non mi venga richiesto diversamente). Se devo realizzare una parte musicale completa, talvolta posso anche scegliere di non inserire affatto la batteria; viceversa, quando compongo la musica per i miei dischi, le possibilità sono molte: la batteria può avere un ruolo davvero importante (magari pure con qualche solo), ma può essere anche qui del tutto assente.

Luca: sei anche un produttore musicale, questo impegno ti avrà certamente permesso di entrare in contatto con un grandissimo numero di artisti a te affini. Ragionando dall’altra parte della batteria, che parametri adotti per valutare il materiale che ti viene proposto?

 

Massimo: Gestisco un paio di piccole etichette, Acustronica (www.acustronica.com) e DOF (www.doflabel.com ), che si occupano di musica “creativa” e sperimentale, spesso in download gratuito. Quando mi inviano del materiale per una possibile pubblicazione valuto aspetti come l’originalità, la creatività, la qualità (di esecuzione e di suono) e anche la volontà del musicista di dire qualcosa: questo perché, nell'ambito della musica sperimentale, mi capita spesso di sentire lavori dove il concetto, o la ricerca radicale di qualcosa di nuovo e diverso, sovrastano l’aspetto più propriamente musicale; per fare un esempio, è come se un artigiano dedicasse la maggior parte del suo tempo a costruire utensili nuovi e particolari, però utilizzandoli per realizzare delle opere che servono soltanto a dimostrare il funzionamento degli utensili stessi. Nella mia idea invece la sperimentazione dovrebbe essere solo il primo passo, quello di acquisire degli strumenti (suoni, tecniche, modalità di composizione) da utilizzare poi nella creazione della musica; quando impariamo il paradiddle, al momento di suonare (se siamo musicali) ce lo dimentichiamo e suoniamo e basta, all’occorrenza (e se necessario) verrà fuori da solo!

 

Luca: mi sembra che la psicoacustica trovi accoglimento nel tuo lavoro, sembrerebbe proprio un’applicazione da manuale. Che considerazione hai di questa disciplina?

 

Massimo: ti ringrazio, in realtà non ho mai studiato in maniera approfondita questa disciplina, quindi si tratta di un'applicazione piuttosto istintiva e finalizzata soprattutto a suscitare certe sensazioni in chi ascolta, ad esempio per rendere l’illusione di trovarsi in un certo luogo, oppure di trasmettere tensione o al contrario calma. Ovviamente c’è sempre una forte componente di soggettività in tutto questo, ma direi che ormai, grazie soprattutto al cinema, molte persone si sono abituate ad associare certi tipi di suoni a delle particolari ambientazioni ed emozioni.

 

Luca: per esercitarsi ad esplorare nuove possibilità compositive e mettersi alla prova, c’è chi ragiona in modo discorsivo allungando sempre più le frasi musicali, c’è chi vive su una pulsazione variabile e chi su una costante, c’è che chi sfrutta la polimetria e... ci sei tu.Vorrei avere un tuo parere sul ritmo e sul tuo modo di trattarlo.

 

Massimo: sia quando suono la batteria che quando compongo cerco quasi sempre di mantenere una pulsazione costante, la quale può essere arricchita e variata in diversi modi, magari può essere anche sottintesa, ma è sempre presente; in alcuni casi questa pulsazione può essere variabile, o anche del tutto assente, in modo da creare contrasto con le parti più regolari, ma generalmente preferisco utilizzare una pulsazione costante, perchè credo che serva a legare meglio i vari strumenti fra di loro e a dare coerenza al brano. Come dicevamo in precedenza uso spesso la polimetria, vedendola soprattutto come un modo di creare tante variazioni, particolarmente nelle melodie, armonie e “textures”. Con la batteria tendo ad utilizzarla di meno, perchè se applicata in modo troppo rigoroso può risultare un pò meccanica; invece preferisco considerarla come un modo per ricavare idee interessanti, senza preoccuparmi di dover per forza completare un ciclo di 5 su 3 quando magari il ritmo che mi interessa dura un paio di misure!

 

Luca: come nasce una parte di batteria?

 

Massimo: in tanti modi: a volte improvvisando, per poi scegliere e fissare la parte che ritengo più adatta; altre volte può essere anche del tutto improvvisata, e quindi differente con ogni esecuzione; spesso poi mi piace comporre delle parti con la drum machine, in modo da poter sperimentare soluzioni che non sono ancora in grado di suonare e uscire quindi da quei ritmi e fraseggi sui quali tutti noi per abitudine prima o poi ricadiamo. Una volta realizzato un ritmo che mi soddisfi lo trascrivo e imparo a suonarlo, adattandolo se necessario; altre volte ancora sperimento con dei concetti, basandomi su combinazioni di numeri o di suoni. Tutti questi procedimenti li applico sia quando sto inserendo la batteria in una musica già composta, sia quando decido di iniziare con una parte di batteria e di costruire il resto del brano intorno ad essa: se la musica è già composta ovviamente cercherò di realizzare una parte che si adatti al resto, la quale probabilmente sarà anche più semplice rispetto ad una parte di batteria da utilizzare invece come idea iniziale per un brano.

 

Luca: come definiresti il tuo stile compositivo?

Massimo: a seconda del tipo di progetto può essere più o meno minimale, soprattutto come numero di suoni e/o strumenti utilizzati, ma in generale cerco di privilegiare la semplicità, utilizzando spesso la ripetizione di frasi e ritmi per dare un qualcosa di “ipnotico” alla mia musica. In altri (più rari) casi invece mi piace realizzare composizioni senza una struttura ben definita o frasi che si ripetono, dove le idee fluiscono liberamente, in maniera imprevedibile, e l’improvvisazione ha spesso un ruolo fondamentale.

 

Luca: che ruolo ha la batteria in una composizione?

 

Massimo: pur essendo soprattutto batterista, cerco sempre di pensare alla musica nel suo insieme, questo talvolta significa anche non inserire la batteria in un brano, se non la ritengo necessaria; all’estremo opposto, in alcuni casi invece alla batteria affido un ruolo di guida, quasi di voce melodica. Fra questi due estremi possiamo situare il ruolo più classico che ha la batteria, quello di fornire la pulsazione ritmica e il groove, e credo che nella maggior parte della mia musica sia questa la funzione che ha la batteria.

 

Luca: caro Massimo, è stato un piacere fare questa chiacchierata con te e spero che ci sarà occasione di averti ancora con noi! Ci sentiamo presto, tienici aggiornati!

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